Milonguero, filosofo autodidatta e uomo di
mondo. Diplomato all’Università del Tango, Chiche ci incanta con storie di Tango, per lo più vissute in prima persona, in un’intervista fatta a Buenos Aires da Tango In Roma che faremo conoscere in capitoli, come dosi di una sostanza che ci fa conoscere un poco di più il ragionamento di un milonguero.
Come e quando hai iniziato a ballare il tango?
Guarda, io ero molto piccolo. Avevo 9 anni quando caddi da un autobus e le ruote mi calpestarono le gambe; a quei tempi mi piaceva molto il calcio e il medico mi disse: “no, calcio no, se vuoi vai a praticare folklore”. Ma nel mio quartiere non c’erano club in cui praticare folklore, e siccome ero nuovo e non sapevo molto il medico mi disse: “qua all’angolo c’è un club che si chiama Sin Rumbo”; in realtà al Sin Rumbo si praticava tango e non folklore. Io ero un po’ di legno, come tutti quelli che iniziano a ballare, e le ragazze mi evitavano perché volevano ballare con quelli che ballavano meglio.
E’ sempre la stessa storia: le donne vogliono ballare con quelli che ballano meglio anche se loro stesse non sono a quel livello.
E successe che c’era una signora che mi diceva: “ragazzo, vieni a ballare con me” e io ci ballavo, per me lei era La Carmen, la vicina di casa. Non sapevo quale Carmen fosse; quando avevo 17 anni presi coscienza di chi fosse: Carmencita Calderón, la compagna del Cachafaz.
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G.M.G.