TRIO DE LA SOMBRA
Il Trio de la Sombra "è un progetto musicale che nasce dal prologo scritto da J. L. Borges al suo Elogio de la sombra, in cui descrive la sua estetica, affermando che un'estetica non ce l'ha. È così anche per questo gruppo. Le provenienze molto eterogenee dei componenti mi portano ad arrangiare e comporre sfiorando la milonga, il candombe, il jazz, la classica-contemporanea, il rock e io stesso non so cos'altro. Si raggiunge di volta in volta un 'luogo musicale' diverso al quale non teniamo così tanto a dare un nome, ma dove sicuramente ritroviamo delle persone che ballano…" Sono parole di Vincenzo De Filippo, compositore e arrangiatore delle musiche del Trio de la Sombra, che descrivono l'essenza del giovane e talentuoso gruppo della realtà romana di tango, caratterizzato da un suono alternativo e raffinato, ispirato dal jazz. Il loro ultimo cd, “TradiNuevo” del 2010, perla del panorama musicale tanguero contemporaneo, già dal titolo riassume la fusione che il gruppo opera tra i vari stili del tango al fine di creare uno scenario inedito. Noi di Tango In Roma abbiamo incontrato il gruppo al Querer il 20 gennaio scorso in occasione del loro concerto, e abbiamo posto a De Filippo qualche domanda di approfondimento. Presentatevi e raccontateci la vostra storia.
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JAVIER GIROTTO: TANGO, JAZZ E "ASSENZA"
Nel corso del "Meditango Festival", giunto alla sua sesta edizione e svoltosi nella nostra città al Teatro Golden lo scorso dicembre, abbiamo avuto modo di assistere al concerto presentato da Javier Girotto. Argentino di Cordoba (ma con genitori di origine pugliese), da molti anni in Italia, jazzista, fondatore del gruppo Aires Tango, artista poliedrico e famoso in tutto il mondo, il 28 dicembre 2010 ha proposto una performance-Solo in cui ha sfoggiato tutta la propria abilità (e resistenza polmonare!) suonando più di uno strumento a fiato, alternandoli in un'ora intensa e ininterrotta di evocazioni e sensazioni suggerite dalla musica e veicolate dalle immagini videoproiettate: paesaggi argentini, situazioni, desaparecidos…In questo clima sospeso e quasi magico, per palati fini, dal suono dei suoi sassofoni è emerso un Girotto intenso, emotivo, a tratti disperato. Incuriositi e incantati, abbiamo rivolto qualche domanda al Maestro per approfondire il suo legame con il tango e i suoi prossimi impegni. Innanzitutto, com'è andata la tua partecipazione al "Meditango Festival"?
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EL PIBE SARANDI’
Vi sarà spesso capitato di assistere ad esibizioni di tango in cui i ballerini compiono evoluzioni pirotecniche e spettacolari, con gambe che volano a destra, sinistra e fin sopra la testa. Stiamo parlando del cosiddetto tango de escenario, da spettacolo appunto. Vistoso, moderno, ma non certo il più "genuino". Se invece vogliamo parlare di tango "originario" dobbiamo tornare a quello stile che i cosiddetti "vecchi milongueri" -ballerini che non hanno mai studiato in una scuola e hanno imparato a ballare esclusivamente in milonga, osservando la gente in pista- hanno diffuso in tutto il mondo e che continuano a praticare tutt'oggi, senza lasciarsi contaminare dalle mode. A Buenos Aires ne abbiamo conosciuti alcuni, e anche a Roma abbiamo incontrato lo scorso ottobre uno dei rappresentanti di questa guardia vieja: Ricardo Maceiras, meglio noto come El Pibe Sarandì. Tra lezioni ed esibizioni (con la maestra italiana Cinzia Lombardi), abbiamo avuto modo di porgerli qualche domanda per approfondire la carriera e la vita di un personaggio semplice e simpatico, che sul tango ha molto da raccontare… Partiamo dal soprannome: perché ti chiamano El Pibe Sarandì?Questo soprannome viene dall'anno 1960. Allora avevo 18 anni, ed era molto atipico a Buenos Aires vedere una persona giovane ballare il tango -la donna più giovane in una milonga aveva 50 anni!- Quindi quando andavo in una milonga richiamava l'attenzione un ragazzo giovane in pista. La gente si chiedeva: "Chi è questo ragazzo?", e rispondevano: "El Pibe Sarandì". Pibe perché iniziai a ballare a 13 anni (da ragazzo), e Sarandì dal nome del quartiere dove sono nato. Da qui il mio soprannome. Hai cominciato a ballare quando è iniziato il cosiddetto "tango muerto": cosa ha comportato ballare il tango a quell'epoca, durante la dittatura?
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STOFFA DA CAMPIONI... MONDIALI!
Lo scorso dicembre, per la prima volta nel nostro paese per esibizioni e classi, abbiamo incontrato i rappresentanti più giovani dello stile "tango salón" nonché i vincitori del Campionato Mondiale di Tango 2010 nella stessa categoria: Sebastian Jimenez e Maria Ines Bolgado. Timido, 18 anni, studente lui; 30 anni e un passato da ballerina di strada che si esibiva per i turisti lei. Insieme formano una coppia elegante, misurata e affiatata nonostante ballino insieme da soli due anni, data in cui si sono incontrati in un club di quartiere e hanno deciso di lavorare insieme. Giovani, belli e sorridenti, abbiamo chiesto qualche notizia su di loro, sulla loro carriera in ascesa e sui progetti per il futuro, in attesa di rivederli a Roma. A che età avete iniziato a ballare il tango, e dove? Sebastian: A 10 anni ho visto ballare il tango nella mia scuola in una festa e mi è piaciuto. Quindi ho iniziato in una scuola di danza a Moron (provincia di Buenos Aires, n.d.r.), la mia città. Ines: Io ho iniziato a 20 anni, sono dieci anni che ballo. Iniziai in un corso del comune dove abito, a Montegrande (provincia di Buenos Aires, n.d.r.). Chi sono stati i vostri maestri?
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