Una buia e tetra cittadina inglese di fine ‘800.
Un magnate straniero solitario dedito a strani esperimenti in una raffineria vicino al fiume.
La comparsa di una nebbia fitta e soffocante.
Improvvise e misteriose sparizioni e omicidi.
Tutti gli indizi puntano verso l’indiziato più ovvio; ma, come nelle migliori detective stories, se “non sempre cercare il colpevole è una soluzione”, le cose spesso non sono come sembrano…
Suspence, scienza, alchimia, ecologia, sovrannaturale, amore, disamore, morte, vendetta: questo e molto altro si fonde in “Vlad Dracula il Musical”, di nuovo in tour nei teatri italiani in una versione rinnovata dopo il successo della passata edizione e in scena al Teatro Brancaccio di Roma dal 16 al 21 aprile 2024.
Un successo tale che per la stagione 2025-2026 è in programma l’esportazione dello spettacolo a Londra, invertendo così la consolidata importazione nel nostro paese di musical dall’estero.
E non è un caso: gli ingredienti di questo spettacolo insolito e suggestivo – musical sì, ma con più recitativi che parti cantate, che lo rendono godibilissimo anche a chi è poco amante del genere – sono sapientemente amalgamati dal regista Ario Avecone, autore anche delle splendide musiche e della sceneggiatura insieme a Manuela Scotto Pagliara, che attingendo a uno dei più rappresentati miti dell’immaginario collettivo si è avvalso di un cast di interpreti di alto livello per proporre una versione più “moderna” e attuale del leggendario personaggio di Bram Stoker, ambientata in un’epoca passata ma proiettata verso un futuro a noi prossimo, e oltre.
Una delle figure più iconiche e famose della letteratura, grazie all’inedita prospettiva, non è un essere sanguinario perennemente affamato e in cerca di prede – la tipica raffigurazione cinematografica cui siamo abituati -, piuttosto appare come meditativo, più “umano”, mantenendo al contempo l’atteggiamento manipolatore e poco incline all’empatia che lo contraddistinguono, oltre a una certa carica di sensualità che costituisce parte preponderante del fascino che questa figura mitologica ha sempre rivestito per il pubblico.
E infatti il personaggio restituito dall’interpretazione del carismatico Giorgio Adamo è potente (pur nella sua fragilità che lo accomuna a qualunque mortale), ammaliante, ipnotico verso i suoi interlocutori, tanto che si finisce con il parteggiare per lui.
Un Dracula sotto moderne e mentite spoglie, innamorato di un amore lontano nel tempo, ossessivo, totalizzante, cui ha cercato un diversivo in surrogati femminili usati e presto dimenticati tra cui Justina (Beatrice Baldaccini).
Finché non ritrova il suo amore perduto negli occhi di Mina (Arianna Bergamaschi), la moglie dell’ambizioso giornalista Jonathan (Marco Stabile) giunto in cerca di scoop presso la sua dimora…
Oltre alla nemesi del Conte, il Professor Van Helsing (uno strepitoso Christian Ginepro), popolano questo mondo opprimente anche il commissario e il suo assistente (rispettivamente interpretati da Paolo Gatti e Jacopo Siccardi), Lucy (la talentuosa Valentina Naselli), suo padre l’inventore Renfield (Antonio Melissa) e il suo doppio (Dario Guidi).
Fondamentale, tanto per un non-morto quanto per i viventi, è il tempo, che con i suoi meccanismi ed ingranaggi apre e chiude lo spettacolo. Il tempo che non scorre, che si cristallizza, passato presente e futuro che si intrecciano tra loro in un continuum scientificamente non quantificabile, in uno stato di eterna sospensione. Non si può tornare indietro per cambiare le cose o fermare l’attimo, manipolare o tantomeno fermare il tempo per sempre, perciò è essenziale godersi il presente e ad aver “cura dei vostri ricordi”. Perché “ogni suo attimo è una possibilità”.
Tra gli altri spunti che la rappresentazione offre troviamo l’angoscia ambientale, che si estrinseca visivamente anche nei non-paesaggi e nelle architetture meccaniche, fredde e cupe. E a ben vedere, cos’è la nebbia se non aria irrespirabile, fumo dell’inquinamento, effetto dell’industrializzazione? E’ proprio l’essere umano ad aver sovvertito l’ordine naturale delle cose, e ad aver innescato un pericoloso conto alla rovescia…
Inoltre, quando si parla di vampiri, la dicotomia tra luce e oscurità non può mancare: il buio è anche ottenebramento della mente, torpore, metafora efficacemente resa – come tutti gli altri elementi dell’opera, del resto – dall’uso fenomenale ed estremamente espressivo delle luci di Alessandro Caso, vero e proprio linguaggio scenico.
Tutto quanto detto finora crea un’atmosfera coinvolgente ed avvolgente, gotica: accanto alle fonti cinematografiche di ispirazione “dark” del regista – Burton, Del Toro, Nolan, Sherlock Holmes di Guy Ritchie -, come non ravvisare gli evidenti richiami anche al capolavoro di Fritz Lang Metropolis e alle suggestioni di The fog di John Carpenter.
Una menzione particolare meritano anche i magnifici e accurati costumi di Myriam Somma, che contribuiscono a caratterizzare i personaggi e a catalizzare l’attenzione degli spettatori.
La messinscena ideata da Avecone e realizzata da Michele Lubrano Lavandera è il valore aggiunto dello spettacolo: integrando effetti visivi e proiezioni su velatino che presentano un doppio piano degli eventi, macchine ed espedienti teatrali semplici ma d’effetto, giocando su diversi livelli di altezze, è estremamente dinamica e in costante movimento (messa in moto grazie all’impagabile contributo dei “workers”, senza i quali la rappresentazione non avrebbe una delle sue peculiarità più importanti), con movimenti scenici mai fini a se stessi, integrati e funzionali al susseguirsi delle vicende.
Un’opera nostrana interessante e innovativa, appassionante, ben confezionata, che merita decisamente la visione.
Claudia Galati