Pensiamo di sapere praticamente tutto sul tango e diamo per certo quanto letto e sentito dire. Ma quanto di quello che abbiamo appreso è veritiero e quanto è invenzione? A confermare – ma soprattutto a confutare – le nostre certezze ha contribuito in maniera autorevole l’incontro del 30 luglio 2019: “Il tango ballato tra uomini: mito o realtà”, a cura del Professor Marcelo Castelo, Presidente dell’Istituto Argentino del Tango giunto alla sua nona conferenza alla Casa della Cultura Argentina di via Veneto a Roma, con l’appoggio del Ministero degli Affari Esteri argentino. Riportiamo i contenuti principali dell’interessante (benché, per ragioni di tempo, inevitabilmente non esaustiva) conferenza, che getta nuova luce su molti aspetti.
Castelo è partito da una premessa, che sarà leitmotiv di tutta l’esposizione: la storia del tango è costellata di miti, leggende e finzioni, che per gli storiografi è molto difficile sfatare. L’unico modo per farlo è cercare le fonti e le prove storiche, che in quanto attendibili sono più importanti delle dicerie. Da qui, e soprattutto dalla domanda sentita spesso e che è il tema della conferenza – “All’inizio il tango si ballava solo tra uomini?”-, fa partire la sua analisi basata su videoproiezioni di foto e filmati d’epoca, illustrazioni, dipinti e documenti che confutano questa affermazione entrata a far parte della mitologia del tango.
Il percorso d’indagine muove dalle danze popolari che hanno preceduto il tango (ballo di origine europea!), portando ad esempio foto che partono dal 1864 e apparse su varie riviste statunitensi, inglesi, francesi e sudamericane. E la costante in tutte è una: dalla metà del XIX secolo le danze di “abbraccio” sono state comunemente ballate sia da coppie miste sia dello stesso sesso (uomini ma anche donne), indifferentemente, tanto in America che in Europa.
Basti osservare le prime sperimentazioni di Eadweard Muybridge (il padre del cinema) nel 1883 con i fotogrammi in movimento di due donne nude che ballano il valzer (Zoopraxiscopio), o il primo esperimento sonoro della storia del cinema prodotto dai Laboratori Edison nel 1895 che mostra due uomini che ballano; anche un quadro di Henri de Toulouse-Lautrec del 1892 mostra l’abbraccio stretto tra due donne.
Altro esempio di maggior impatto emotivo, le foto di vari eserciti (francese, statunitense, marina) in cui i soldati ballano tra loro, ma questo non deve stupire dal momento che nell’800 diversi eserciti usavano il ballo come esercizio ginnico, una pratica militare a tutti gli effetti (Faustino Sarmiento, futuro presidente dell’Argentina, in un documento del 1855 conferma la creazione di una scuola di ballo all’interno del servizio militare per questo scopo).
Anche tra i ballerini professionisti troviamo coppie di vario tipo. Nel 1905 il primo spettacolo di tango a Parigi, al Palais Royal, è ballato da una coppia di donne: Aimée Camptons e Marthe Derminy. Nel 1906 Maria Cores fu la prima ballerina professionista argentina ad esibirsi in tour in Europa, e lo fece insieme alla sua compagna di ballo Olympia D’Avigny (cantante napoletana, a dispetto del nome) – meglio note come “Las Argentinas”-. Infine, la prima coppia professionale mista Arturo e Maria Mecherini (italiani che vivevano a Voghera e che portarono il tango a Buenos Aires!).
Ma non è solo il mito della nascita del tango come ballo tra uomini a cadere: dalle indagini di Castelo veniamo a scoprire anche che tutta l’estetica dell’abbraccio del tango viene dall’Europa dell’800 (l’abbraccio stretto è un’invenzione della danza popolare europea, non del tango); che l’habanera era una contraddanza europea, ma è stata diffusa come tango di “neri”; che Carlos Gardel, cantor del tango per eccellenza, nasce e sarà sempre cantante criollo: non era cantante di tango (solo il 27% della sua produzione è tango), ma viene considerato il miglior cantante di tango!
Altra leggenda: il tango nasce nei postriboli. La prostituzione era legale a Buenos Aires, e nel registro del dispensario di salubrità pubblica era espressamente proibito il ballo nel postribolo, oltre ad essere controproducente per gli affari (l’affare lì era la prostituzione, non il ballo).
Quando mancavano donne, le coppie si formavano solo tra uomini e viceversa, si ballava con chi c’era. Altro mito da sfatare: gli immigrati erano più uomini che donne. Falso: la proporzione tra i sessi tra fine ‘800 e inizio ‘900 era 53% uomini e 47% donne.
Pure il famoso collettivo Tango Queer ha ripetuto questa diceria del “tango come ballo tra uomini” per validare ai giorni nostri il ballo tra persone dello stesso sesso, ma è un falso perché storicamente hanno sempre ballato tutti i tipi di coppia, mischiati.
All’inizio del XX secolo appare il “fantasma” dell’omosessualità, se ne parla in termini di invertiti, malati, e nel 1915 a Buenos Aires viene emessa un’ordinanza (di cui Castelo ci mostra il documento originale) che dichiara “proibita la danza di coppie composte da soli uomini nei locali adibiti a balli pubblici”. Questa ordinanza verrà abolita solamente nell’anno 2000!
E che dire degli altri stili che avrebbero influenzato il tango? Il candombe, afferma Castelo, non ha avuto nessuna influenza sul tango, o meglio, nessuno può affermarlo con certezza per il semplice fatto che nessuno sa come si ballava il candombe nell’800, esistono un paio di quadri con neri che ballano ma non raccontano nulla sul ballo in sé. Anche la milonga originale non sappiamo come si ballasse. La milonga campera è diversa, ha tutte parole e no melodia; la milonga cittadina nasce nel 1922, è quindi una creazione posteriore.
Infine, il canyengue è un’invenzione del 1980, non precedente! E’ quindi uno stile molto moderno, ma è un prodotto che si vende in Europa come ballo di inizio ‘900.
Le rivendicazioni delle minoranze (che siano politiche, sessuali) e l’esotismo paradossalmente sono immagini che si “vendono” meglio. Come ad esempio il voler attribuire a tutti i costi l’origine del tango all’influenza “nera”: dal punto di vista coreografico il “nero” non ha avuto nessuna influenza nel tango (e neanche nella milonga). La parola “tango” probabilmente è di origine africana (in Africa era il luogo di riunione dei neri), ma la stessa parola in Spagna e Messico indicava un tipo di gioco. Il punto della questione, secondo il relatore, è che non va confuso apporto del “nero” con apporto della “africanità”, sono due cose diverse e distinte.
In conclusione, il tango ha un problema con la confutazione delle leggende, che acquistano risonanza e diffusione pur senza prove a sostegno, anzi a scapito della documentazione storica esistente.
Claudia Galati