Come potevamo inaugurare la nostra rivista di tango senza la benedizione del nostro diretto ispiratore?
Ecco dunque le domande che abbiamo rivolto a Tito Palumbo, per comprendere meglio il suo lavoro e per approfondire la conoscenza sul tango grazie alla sua esperienza.
Come e quando ha sentito il desiderio di scrivere di Tango?
Già in età avanzata mi sono dedicato a quello che io chiamo “una asignatura pendiente” (un sogno rimasto nel cassetto, n.d.r.) della mia adolescenza: ballare il tango. Andai nelle “confiterías bailables” e nelle milonghe, e lì scoprii dove insegnavano a ballare e dove si praticava.
Tutte le informazioni si trasmettevano per via orale, non esistevano giornali che informassero su questo. I mezzi di comunicazione di massa non si interessavano al tango, e per questo non pubblicavano nessuna informazione. Mi è giunta notizia che esistevano riviste straniere – in Germania, Inghilterra, Francia – che sì, avevano informazioni sull’attività a Buenos Aires, però niente in lingua spagnola. Nel 1994 ho suscitato interesse nell’editore di una rivista settimanale – Vea Más Espectáculos – che girava per teatri, cinema, e luoghi dove si tengono spettacoli, per includere una sezione di tango; gli è piaciuta l’idea e ho iniziato a scrivere articoli di attualità e allo stesso tempo trovavo pubblicità di insegnanti e milonghe. Chiarisco che non sono un giornalista di professione, e questa fu la prima volta che iniziai una collaborazione permanente sul tema del tango. Un anno dopo – marzo del 1995 – con Amalia Fernández iniziammo il periodo indipendente con la nostra rivista Buenos Aires Tango.
Quanto la rivista ha cambiato il modo di vivere la milonga?
Mi manca l’analisi teorica -di ipotesi- e non ho strumenti adeguati per misurare l’influenza della rivista sul modo di vivere la milonga, però sento che siamo un mezzo culturale che probabilmente ha contribuito alla comprensione del fenomeno “milonga”.
I milongheri come hanno accolto l’idea di essere “spiati”, immortalati dalla sua penna, che le loro frasi venissero riportate ai lettori di B.A. Tango?
Con la comparsa della rivista Buenos Aires Tango i milongheri trovarono un mezzo che si dedicava completamente a mettere in luce la loro identità – che già avevano da prima -, che li riconosceva e li rispettava per la loro arte nel ballo, perché parlavo di loro come mai prima si era fatto nei mezzi di comunicazione. Per questo l’hanno adottata e l’hanno appoggiata.
Il suo giornale non ha rivali a Buenos Aires. Quale è il segreto del suo successo?
Durante tutto questo periodo l’interesse per il tango è cresciuto a Buenos Aires e in tutto il mondo. E la nostra rivista sta accompagnando questo movimento. D’altra parte il lettore trova diverse informazioni su milonghe, eventi, concorsi, racconti, umorismo, foto, interviste, critiche letterarie, discografiche, di video e di spettacoli, riproduzioni di opere d’arte legate al tango, brevi saggi, ecc. Noi ci distinguiamo per la serietà con cui affrontiamo gli articoli – non ci sono volgarità né bassezze – e per il rispetto verso il lettore, a cui vogliamo dare il meglio di testi, foto, disegni e stampa.
Come è cambiato il Tango, i ballerini, la cultura dai tempi in cui ha cominciato a scrivere ad oggi?
Ci sono vari fatti. Uno di questi è la progressiva scomparsa dei milongheri e della gente del tango in generale – musicisti, poeti, compositori – che portava con sé l’esperienza degli anni ’30, ’40 e ’50 del secolo scorso. Durante gli anni ’60, ’70 fino agli inizi degli anni ’80 il tango era praticamente scomparso come espressione popolare di massa, rimpiazzato da altri ritmi musicali. Una nuova generazione si iniziò ad avvicinare dopo il successo dello spettacolo “Tango Argentino”, nel 1982. Il fenomeno si espanse con rapidità; oggi, i mezzi di comunicazione scritti e radiofonici se ne occupano molto più che nell’epoca della comparsa di Buenos Aires Tango. La facilità nelle comunicazioni e la possibilità di viaggiare facilmente in molti luoghi del pianeta deve aver contribuito alla diffusione del tango. Quanto ai ballerini, ce ne sono di età media che avendo iniziato da giovani hanno avuto l’opportunità di conoscere e imparare dai vecchi milongheri una quantità di conoscenze inestimabili, che vanno trasmettendo alle nuove generazioni. Tra i nuovi, ci sono quelli che ricevono questa conoscenza e la trasmettono senza grandi cambiamenti e ci sono altri che vi aggiungono elementi di generi diversi, specialmente della danza contemporanea. La differenza si è potuta vedere nel Campionato Mondiale di Tango del 2009, tra il ballo delle coppie che competevano e quello dei vecchi milongheri invitati a fare un’esibizione collettiva nel giorno di chiusura. Nelle milonghe l’uomo non indossa più “l’abito” o la giacca e si vedono, specialmente nei giorni caldi, quasi tutti gli uomini in camicia o in maglietta; anche le donne in pantaloni sono un fatto nuovo praticamente inesistente nel secolo scorso. C’è un nuovo tipo di scarpe utilizzato molto dai giovani che imita le scarpe sportive e rimpiazza la tradizionale scarpa nera o bicolore. I cosiddetti “codici della milonga” stanno subendo trasformazioni, in particolare nella forma di invitare a ballare oggi molte più persone omettono il “cabeceo” (cenno del capo, n.d.r.). La mancanza di cultura musicale in alcuni nuovi adepti si manifesta nel ballare al suono di un cantante accompagnato da chitarre – cosa rifiutata dall’ortodossia milonghera-.
A chi si rivolge il Tango in Argentina? E all’estero?
Non credo che il tango si rivolga a qualcuno in particolare. Credo che arrivi a differenti tipi di persone e alcuni lo adottano. Nella Repubblica argentina ogni abitante conosce uno o più tanghi, sono canzoni che costituiscono parte della cultura generale di questa società. Il tango attraversa tutte le classi sociali e si integra con tutte le ideologie, però non tutti ballano il tango, solo una piccola parte lo fa. Tra gli stranieri che passano per Buenos Aires la gran parte sono turisti che vengono portati a vedere il quartiere della Boca, il delta del fiume Paranà, una festa campestre con danze folcloristiche e asado criollo, e uno spettacolo di tango con musica, danza e gastronomia – con quest’ultimo esauriscono la loro conoscenza tanguera; altri, specialmente persone che parlano spagnolo, vanno a vedere spettacoli dove principalmente c’è musica e canto con qualche coppia di ballerini; infine ci sono quegli stranieri che vengono appositamente per il ballo, per impararlo, per migliorare quello che sanno, per prendere parte alle milonghe, per comprare scarpe. Quanto all’ultima parte della domanda, non so a chi si rivolga il tango, però ho un’idea di chi lo adotta: principalmente le classi medie, professionisti, impiegati qualificati, commercianti e industriali; né i settori più alti di queste società né i più bassi sembrano essere attirati dal genere.
Cosa ne pensa dei campionati mondiali di tango? E del riconoscimento di patrimonio culturale “immateriale” dell’Unesco?
Concordo con l’idea per cui ogni soggetto ammette vari predicati. Ai “Campionati Mondiali di Tango” possono applicarsi i seguenti predicati: a) conferiscono un diploma che i vincitori possono utilizzare professionalmente; b) sono un commercio per alcuni funzionari che partecipano alla loro organizzazione; c) procurano materiale audio-visivo a impresari che non pagano cachet ai ballerini; d) genererebbero una corrente turistica addizionale verso questa città. Quanto alla dichiarazione dell’Unesco, mi rimetto al mio recente articolo “Patrimonio Cultural Inmaterial”, pubblicato nell’edizione N° 201 della rivista, novembre 2009, pagina 3.
Siamo felici di averla in questo primo numero, e con un po’ di presunzione ci piacerebbe imitare, almeno in piccola parte, l’esperienza di “Buenos Aires Tango”. Che consiglio sente di darci?
Con gli anni ho imparato il giornalismo scritto, ed ora anche il giornalismo digitale (Internet, posta elettronica ecc…). La mia esperienza mi dice che bisogna leggere molto e di tutto; leggere con attenzione cercando di approfittare di quello che fanno i bravi giornalisti in tutti i media e di tutte le specialità. Conoscere varie lingue aiuta molto. Poi, apprendere tutto quello che si può sul tango -storia, compositori, autori, musicisti, ballerini, poeti, pittori, scultori, ecc… e ballare.
Stare attenti a quello che succede a proposito del tango nel proprio ambiente e anche a quello che succede in altri posti. Qua a Buenos Aires aiuta ascoltare la radio e leggere i giornali, è importante avere una buona dimestichezza con Internet e con i diversi strumenti che questa tecnologia offre. I motori di ricerca- Google, Yahoo ecc…- sono degli ottimi aiuti. Non pensate come motivazione principale ad un reddito economico; se potete divertirvi, conoscere gente interessante e non perdere denaro potrete considerarvi soddisfatti.
Claudia Galati