Una lezione di milonga. Ci si aspetterebbe che a tenerla fosse un maestro o un ballerino. Invece, l’ha fatta “solo” un professore con una chitarra: Angel Mario Herreros.
La storia di quest’uomo è singolare: da commercialista e docente universitario di matematica di recente ha deciso di dedicarsi alla musica e al tango, collaborando con varie riviste non solo argentine e pubblicando due romanzi: “Al Petizo le gustaba Tanturi” (2006) e “La noche que secuestramos al Cachafaz” (2009). Lo scopo di Herreros in quanto studioso e scrittore è quello di rappresentare la CULTURA del tango, che è “una visione di vita” e non tanto la danza e la musica in sé. “Il tango è più che ballo: è letteratura, BUONA letteratura, è una filosofia di vita, una metafora della società argentina, un caleidoscopio dove si muovono forme e persone”, ha proseguito. Il tango è ed è stato una forma di vita che il professore argentino vuole in qualche modo “riscattare”, fornendone un’immagine distinta da quella commerciale. Oggi l’editoria tanguera non ha molta fortuna perché si scrivono cose già scritte, ad esempio su Gardel o sull’origine del tango…“Non c’è bisogno del tango ‘archeologico’, ma della realtà attuale”. E infatti il tango e la Buenos Aires dei suoi racconti è quanto di più lontano possa esserci dai romanzi di tango in circolazione: “vivi”, in una parola diversi, restituiscono in maniera autentica la varietà di personaggi che si possono incontrare in milonga e nella vita quotidiana della Capital Federal, e allo stesso tempo nonostante la loro apparente semplicità nascondono una matrice profondamente poetica e sofisticata fatta di metafore e allegorie. “Le mie storie sono frutto dell’osservazione”, ha affermato l’autore, “tutti ci si riconosceranno.”
Herreros ha tenuto a chiarire che la sua ricerca ed il suo studio sono volti a demistificare alcuni clichè che si perpetrano nel tango, quali che il tango è triste o che è “il lamento del cornuto”… Il tango è più semplicemente una metafora di vita, quindi in quanto tale contiene tutte quelle cose che fanno parte della vita stessa: amicizia, amori che ci sono e che non ci sono più…
L’occasione per presentare la sua ricerca della visione culturale del tango a Roma è avvenuta il 13 ottobre 2011 alla Casa della cultura argentina, dove Angel Mario ha tenuto una sintetica ma interessante lezione musicale sulla storia del genere “milonga”, intervallata da esempi suonati da lui stesso alla chitarra. In questa sede, lo scrittore argentino ha voluto incentrare la sua conferenza sul genere milonga, “il parente tonto del tango” unito all’habanera e al tango andaluz, perché “c’è poca gente che insegna milonga”. Alcuni parlano di “milonga con traspiè”, ma il traspiè altro non è che la sincope, ed essa c’è anche nel tango e nel vals! Questo è un espediente di cui non mi piace abusare, prosegue Herreros, come un cantante che abusa del vibrato. Inoltre, la milonga è ingiustamente dimenticata e la sua è la tanda più corta, e ciò è ingiusto perché la milonga è il grande antecedente del tango. Basti pensare a El Choclo: è un tango oppure una milonga? Ed El lloron, El Esquinazo? O non appartengono piuttosto a una zona grigia tra i due generi?
Il tango vive cambiando, si è evoluto. Il suo inizio non è italiano ma spagnolo, e molto prima ancora è cubano. Nell’800 arriva a Cuba una danza e musica spagnola che si contamina con elementi autoctoni e torna in Spagna sotto forma di GUAJIRA, subendo la contaminazione con il flamenco e tornando a sua volta a Cuba. A Buenos Aires questa nuova danza viene adottata dai contadini per la sua musica semplice e le ampie parti parlate. Il gaucho argentino cantava una guajira, non il tango!
Nel 1850 il governatore Justo Josè Urquiza si ribellò al dittatore Juan Manuel De Rosa con l’appoggio del Brasile. L’esercito brasiliano si accampò fuori da Buenos Aires per un giorno, e ascoltando il ritmo che c’era lì lo derisero, perché la loro musica era basata più sul ritmo che sulle parole: per questo chiamarono il ritmo argentino “mulonga”, che nel dialetto afro-brasiliano (quello dagli schiavi brasiliani) significa “parola”. Da qui il plurale “milonga”, una designazione burlona che alla fine fu adottata dagli argentini per definire quel genere musicale.
Successivamente il ritmo si andò modernizzando, assumendo una forma che entra in quella zona grigia che termina nel Tango (un esempio è El Choclo di Angel Villoldo). In altri termini, la milonga inizia a “tanguearsi” (esempio: El lloron di Hugo Diaz). Da questa mescolanza emergono i due generi del tango e della milonga, fino agli anni ‘30. Uno dei più importanti cantanti e compositori di milonga di questo periodo fu Néstor Feria (detto: “the singing gaucho”), il cui maggiore successo fu la milonga “En blanco y negro” (1937).
Poi venne Homero Manzi, il primo a portare con le sue parole il tango e la milonga ad alti livelli poetici (esempio: Milonga sentimental). Negli anni ’50 arriva Alfredo De Angelis, e poi Facundo Cabral…
Il breve riassunto della storia del genere milonga termina con un invito: Herreros ha esortato tutti a investigare, leggere, ascoltare il tango perché esso è molto più di quello che si vede in milonga.
Claudia Galati