Nel corso del “Meditango Festival”, giunto alla sua sesta edizione e svoltosi nella nostra città al Teatro Golden lo scorso dicembre, abbiamo avuto modo di assistere al concerto presentato da Javier Girotto. Argentino di Cordoba (ma con genitori di origine pugliese), da molti anni in Italia, jazzista, fondatore del gruppo Aires Tango, artista poliedrico e famoso in tutto il mondo, il 28 dicembre 2010 ha proposto una performance-Solo in cui ha sfoggiato tutta la propria abilità (e resistenza polmonare!) suonando più di uno strumento a fiato, alternandoli in un’ora intensa e ininterrotta di evocazioni e sensazioni suggerite dalla musica e veicolate dalle immagini videoproiettate: paesaggi argentini, situazioni, desaparecidos…In questo clima sospeso e quasi magico, per palati fini, dal suono dei suoi sassofoni è emerso un Girotto intenso, emotivo, a tratti disperato. Incuriositi e incantati, abbiamo rivolto qualche domanda al Maestro per approfondire il suo legame con il tango e i suoi prossimi impegni.
Innanzitutto, com’è andata la tua partecipazione al “Meditango Festival”?Non mi aspettavo una partecipazione così calorosa da parte della gente, è stata una sorpresa per me. Mi sono trovato benissimo, è stato un bellissimo ambiente, e questo mi ha dato anche molta carica e concentrazione. È stato un bel risultato.
Hai una formazione da jazzista. Come si coniugano il tango e il jazz nella tua esperienza?
La mia crescita è stata un po’ l’ascolto del nonno bandoneonista e di un padre cultore dei dischi di tango, quindi lì c’è una parte. Poi però mi interessavano altre cose, quindi sono andato ad approfondire il jazz, e venendo qua in Europa mi è venuta un po’ la nostalgia di quel tipo di musica con cui sono cresciuto, la musica argentina, e avendo avuto l’esperienza del jazz ho cercato di abbinare questi due mondi. Io considero la parola “jazz” come IMPROVVISAZIONE. Io applico l’improvvisazione del jazz su stili argentini, e scrivo musica in quel mondo lì.
Parlaci degli Aires Tango.
Gli Aires Tango nascono nel 1994 per i motivi di cui ti parlavo prima: quando ho iniziato ho deciso di mischiare il mondo argentino con l’improvvisazione del jazz, e per fare questo ho avuto bisogno di creare un gruppo. Avevo già iniziato a scrivere composizioni in stile argentino, per cui “tango” si fa per dire, è un gruppo che ha il nome del tango ma in fondo fa un po’ di tutto, sempre però riferito al mondo latino. Quando ho creato il gruppo avevo bisogno di avere un punto di partenza, e dato che l’ultimo innovatore del tango è stato Piazzolla sono partito da lì per fare poi un’ulteriore ricerca in
quel mondo. È stato un bene, perché se avessi fatto un quartetto con musicisti argentini ci sarebbero stati dei codici ben precisi da rispettare e quindi non avrei potuto andare oltre, o almeno sarebbe stato molto più difficile. Quindi ho chiamato tre italiani che appartengono al mondo del jazz, e dando loro qualche chiave di conoscenza sul mondo del tango li ho lasciati contaminare molto di più con il mondo europeo. Da lì gli Aires Tango hanno cercato di intraprendere una strada diversa dalle tradizionali orchestre di tango: ad esempio non ho usato il bandoneón perché è uno strumento che lega molto a quello che è stato fatto nel tango. Quindi è un gruppo che fa dei sapori argentini, un gruppo di ricerca dentro questo tipo di musica.
Tu insegni anche al Conservatorio di S. Cecilia qui a Roma: ci racconti questa esperienza?
Insegno nella cattedra di jazz-sassofono. Non ho tempo per insegnare ma mi hanno proposto di fare qualche ora, quindi riesco a combinare con i miei concerti perché suono moltissimo e viaggio moltissimo, quindi è molto difficile per me avere una cattedra. Però dato che è un luogo molto prestigioso ho voluto fare questa esperienza che al momento va avanti, ho alcuni allievi.
Hai fatto tante collaborazioni: quale ricordi con più piacere o in modo particolare?
Sono state tutte motivo di imparare. La primissima fu con Roberto Gatto, che è colui che mi ha aiutato a farmi conoscere. Essendo un importante e noto musicista, facendomi suonare nel suo gruppo ha fatto sì che mi si conoscesse un po’ di più, me e i gruppi che mi portavo dietro, e ciò ha comportato trovare anche lavori e concerti, perciò quella è stata la collaborazione iniziale più importante in assoluto, e sono grato a Roberto per questo. Dopo di che ce ne sono state tante altre, tutte importanti e belle, ognuna a modo suo, da cui ho sempre imparato qualcosa, ogni collaborazione porta sempre qualcosa di nuovo da imparare.
Hai collaborato, tra gli altri, anche con Mercedes Sosa, importante artista sudamericana…
Lei è stata ospite del disco: “Cordoba Reunion” del 2004, in cui c’erano quattro argentini di Cordoba di cui due abitano a Parigi e due in Italia. Mercedes ci ha regalato questa collaborazione cantando in questo disco.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? Invento sempre formazioni e gruppi che mi danno stimoli per comporre, mi piace scrivere molto e inventare formazioni. Purtroppo non riesco a far fare tanti concerti a tutte, bisognerebbe averne uno o due per farle suonare tanto.
E poi sono un ricercatore, quindi faccio tanti gruppi e tante varianti, come ad esempio: quartetto d’archi, orchestra d’archi, quartetto di sassofono…
Mi diverte anche fare tante collaborazioni. Sono molto inquieto in questo periodo, giro molto, faccio tante collaborazioni anche con altri musicisti del mondo del jazz. Per tornare alla domanda, sto avviando una nuova avventura, anche vista la crisi discografica che c’è: sto aprendo per la prima volta una mia etichetta personale per portare avanti i miei lavori. Qua porterò un disco che ho fatto a dicembre scorso (2009, n.d.r.) in Argentina con musicisti argentini: “Alrededores de la ausencia”. Lo doveva fare il Manifesto, ma la sua etichetta ha chiuso e quindi ho ripreso io il lavoro e lo faccio
uscire personalmente.
Quando suonerai di nuovo a Roma?
L’11 marzo con gli Aires Tango; poi parteciperò a una rassegna di jazz.
Lo spettacolo parlava anche dei desaparecidos attraverso le diapositive. All’epoca eri piccolo, ma ricordi qualcosa a riguardo?
Tutti gli amici con cui suonavo avevano il doppio della mia età, quindi tra loro ci sono anche degli “scomparsi”, perciò questa è una tematica che porto sempre avanti. Anche questo disco che farò uscire è appunto “intorno all’assenza”, è quasi una sorta di missione e dovere verso me stesso.
Non l’ho detto oggi perché mi sembrava troppo retorico, però sono contento che qualche giorno fa finalmente hanno dato l’ergastolo a questi personaggi (Jorge Rafael Videla, l’ex dittatore argentino condannato all’ergastolo il 22 dicembre scorso, n.d.r.), quindi era anche un bel motivo per portare questa cosa, ho pensato a quello quando ho aperto il concerto.
Claudia Galati