Incontrare Guillermo ed Enrique De Fazio, in arte Los Hermanos Macana, era il nostro chiodo fisso da mesi. Poi scopriamo che a settembre sarebbero venuti a Roma all’Auditorium Parco della Musica in occasione del Festival “Buenos Aires Tango” per una serie di spettacoli e lezioni: anche Tango In Roma doveva essere lì per raccontare a chi non c’era quello che abbiamo visto, e possiamo tranquillamente affermare che loro due sono stati gli artisti più originali e bravi della rassegna, nonché una delle coppie di ballerini più talentuose del panorama tanguero internazionale.
Magrissimi, altissimi, eleganti, ironici, sempre un po’ sopra le righe, riescono a trasmettere una leggerezza e una scioltezza nei movimenti da suggerire quasi che per loro ballare sia naturale come per noi tutti lo è respirare.
Eravamo presenti anche ad una delle due lezioni tenute dai fratelli: con un misto di venerazione e soggezione li abbiamo visti postulare l’equilibrio e insegnare passi non proprio semplici con una disinvoltura impressionante, cimentandoci a nostra volta senza grossi risultati; li abbiamo visti volteggiare, scambiarsi i ruoli, scherzare e intrattenere allievi e pubblico come veri animali da palcoscenico. Qual è il loro segreto?, ci siamo chiesti. E chi sono veramente quelli che tutto il mondo conosce come Los Hermanos Macana? Il modo migliore per saperlo era chiederlo direttamente a loro.
L’intervista che abbiamo fatto loro è stata così divertente e a tratti delirante che trascriverla non basta a rendere del tutto l’atmosfera che si era creata nel bar dove i fratelli ci avevano dato appuntamento. Una cosa è certa: sono due artisti geniali, con una buona dose di follia e tanto affiatamento, come solo due fratelli possono avere.
Chiacchierando -in un italiano quasi perfetto- davanti a un cappuccino e un tramezzino (consumati avidamente!), abbiamo scoperto molte cose sulla loro vita e sulla loro carriera… Non anticipiamo nulla, gustatevi l’intervista a Los Hermanos Macana!Precisazione iniziale di Guillermo: “Siamo Enrique e Guillermo De Fazio, siamo fratelli, stessa mamma e stesso papà. Enrique è il fratello più grande. Siamo nati a Buenos Aires, nel quartiere della Plaza Miserere, Balvanera, barrio di Once.”
Il vostro cognome è De Fazio. Allora perché vi fate chiamare Los Hermanos Macana?
Enrique: Nella nostra storia personale, anche a scuola ci chiamavano così, perché stavamo sempre insieme: andavamo sempre insieme scuola, a ginnastica, a fare musica. Anche a scuola di tango ci chiamavano “fratelli Macana”. Allora un giorno abbiamo fatto un’esibizione in una milonga di Buenos Aires, al Club Almagro, e abbiamo deciso da allora di chiamarci artisticamente Los Hermanos Macana.
Guillermo: La parola “macana” deriva dal lunfardo, ed è una parola dai multi-significati: può essere una persona brava, che fa dei favori, che fa dei problemi -ad esempio, oggi non ho portato il portafoglio, non posso pagare il caffè: CHE MACANA!- Allora uno deve ascoltare la lingua del lunfardo porteño per capire questo significato, solo con il tempo uno può veramente capire cosa significa il termine “macana”.
C’è anche un cartone animato statunitense degli anni ’70-’80 in cui c’era una corsa di macchine, e c’erano due fratelli cavernicoli che litigavano in macchina: avevano capelli molto lunghi e il loro nome, “The Slag Brothers”, tradotto in spagnolo argentino era “Los Hermanos Macana”.
Quando e perché avete iniziato a ballare tra di voi? In famiglia ballavano il tango?
G.: I nostri genitori non ballavano il tango: nostro padre era boxer e nostra madre pianista. Quindi fra la musica e lo sport arriva il tango argentino!
E.: Abbiamo iniziato a ballare il tango nel 1995, come qualunque persona normale. Io avevo 13 anni, Guillermo 11. Alla prima lezione siamo andati con nostra zia, che ci ha portato a lezione di tango per decisione di nostra madre, perché un giorno camminando per strada abbiamo visto un locale dove insegnavano tango e nostra madre ha avuto l’idea di mandarci quell’estate a imparare a fare qualcosa di cultura.
Abbiamo cominciato normalmente a fare queste lezioni, però alla fine praticavamo sempre tra noi per non dimenticare i passi, era una questione naturale. Gli altri andavano, e noi rimanevamo là.
Un giorno un nostro maestro, vicino a un altro maestro, un gran milonguero, José Lampazo, ci dice che in un bar di San Telmo c’era la possibilità di fare una rappresentazione di questi due uomini che ballavano il tango insieme come una “practica”, come facevano negli anni ’40. Noi abbiamo accettato di fare una coreografia per quell’evento. Era difficile, poteva essere catastrofico: immagina due uomini ballare il tango in una milonga tradizionale argentina! Invece la reazione incredibile della gente e l’approvazione del pubblico milonguero e non milonguero ha fatto sì che ci chiamassero in ogni milonga di Buenos Aires. Poi abbiamo partecipato a una Casa di Tango, sempre a Buenos Aires, e dopo di quello nel momento della crisi dell’Argentina nel 2001 siamo stati invitati in Germania per fare uno spettacolo con una lezione di tango. Da allora abbiamo girato diversi paesi d’Europa, America, Asia, Australia, Russia, siamo stati in diversi posti dal 2002 ad oggi. Abbiamo lavorato anche nel circo, nel cinema, in televisione, in radio. Abbiamo anche fatto un video a New York per strada (visibile su Youtube, n.d.r.). La prima volta che siamo andati a Times Square ci siamo detti: qua si deve ballare il tango, in questo posto. Abbiamo avuto un permesso per fare questo, abbiamo bloccato Times Square per fare questo video.
Quindi non vi siete ispirati alle origini del tango per ricreare una coppia di uomini che ballano tra di loro, ma è stata un’iniziativa casuale?
G.: È stato naturale ballare tra di noi.
L’origine del tango era un’origine piena di uomini. Il porto di Buenos Aires prendeva tanti uomini per lavorare, e c’erano più o meno il 70% di uomini e il 30% di donne.
E.: Questo vuol dire che l’uomo per imparare a ballare doveva andare per strada a imparare da altri ballerini che ballavano bene il tango, cosa che è la base del tango. L’uomo che sapeva ballare prendeva l’altro uomo che non sapeva ballare e lo portava. Questa era la lezione tanti anni fa. Poi dagli anni ’40 c’erano pratiche solo di uomini; le donne sono venute dopo, negli anni ’60.
G.: C’è un’altra storia, che può essere anche verità, sull’origine del tango nei postriboli, nei bordelli di Buenos Aires. Immagina che mentre gli uomini aspettavano il loro “turno” ballavano il tango tra loro per scaldarsi prima dell’“attività”.
Nelle vostre esibizioni avete messo da parte l’aspetto sensuale-malinconico del tango a favore di quello ironico. Come nasce l’idea di mettere l’ironia nei vostri spettacoli?
E.: Il ballo tra uomini in questo momento può essere visto come un ballo tra due gay, due omosessuali. L’ironia la troviamo nel momento in cui noi come ballerini argentini di tango ci abbracciamo e iniziamo a ballare mentre la gente ci sta guardando. È un gioco tra noi e la gente, è una complicità. La gente che ci guarda pensa: “che faranno questi due ragazzi?…” Noi abbiamo un’altra possibilità, dobbiamo ballare il tango perché siamo stati invitati a ballare là, tra ragazzi.
Più o meno la nostra vita è stata sempre così. Era difficile per noi trovare la ragazza giusta per ballare il tango per una questione anche di altezza. Noi siamo troppo alti e in Argentina le donne sono bassissime, e con una donna che salta è difficile ballare perché c’è bisogno di un equilibrio molto buono. E anche della pazienza: noi abbiamo iniziato quando eravamo ragazzi, e la donna che vuole continuare ed essere professionista è difficile da trovare, perché c’è gente che balla per un certo periodo e poi smette, mentre noi stavamo sempre là ballando, ballando, ballando…
Io penso che quello che ha fatto il successo dei Macana è come due uomini ballano il tango. Il tango prima si praticava tra uomini, ma quello che facciamo noi è una pratica dentro uno spettacolo in complicità con il pubblico, con tutto quello che può essere divertente e la tecnica. Perché anche per noi che balliamo è tecnicamente molto difficile, ed è stata una fortuna aver imparato da grandi maestri come Juan Carlos Copes, Eduardo Arquimbau, Efrain Ordonez, Mingo Pugliese, Raul Bravo, Natalia Games e Gabriel Angiò e José Lampazo. Abbiamo preso l’esperienza di molti artisti non solo del tango ma anche di altri tipi di generi. Siamo ancora nella fase della scoperta e nel perfezionamento dei nostri show.
G.: Chi fa l’uomo fa la coreografia. È un po’ una competenza.
Nelle vostre performance lavorate molto, oltre che con il corpo, anche con la mimica facciale e la gestualità. Come avete imparato ad usarli?
E.: Naturalmente. Noi abbiamo preso lezioni da un circo e abbiamo fatto lezioni a teatro.
G.: Sicuramente c’era anche qualcosa di famiglia, perché nella nostra famiglia dalla parte di mamma c’erano molti musicisti (suonavano chitarra, pianoforte…), e quando eravamo piccoli -se lo ricordi bene Enrique- giocavamo al teatro, tutta la famiglia si riuniva intorno sulle sedie.
La mimica come tutto il resto viene naturale. Il tango ha diverse espressioni, la lettura può essere come vuoi, però il tango è uno solo, e basta.
Italia e Stati Uniti sono i paesi che vi chiamano di più?
G.: Sì. Io per una questione di amore e famiglia abito negli USA, però la base dei Macana per il momento è a Milano, dove ci sono anche dei corsi tenuti dal mitico fratello Enrique De Fazio!
E.: Io invece non ho né moglie né figli… Si può dire che per ora il tango è mia moglie e la milonga la mia amante!
Che rapporti avete con l’Italia dato che venite spesso qui, e con il pubblico italiano?
G.: Il nostro bisnonno era italiano, Ercole De Fazio, di Savelli, a 50 km da Catanzaro in montagna, dove la gente è molto riservata. Noi aspettiamo l’invito della gente di Savelli per andare là per vedere dove stava il nostro bisnonno. Erano otto fratelli, e uno a uno sono andati in Argentina tra il ’12 e il ’14 a causa della Prima Guerra Mondiale.
E.: La mamma quando arrivò la guerra disse loro di andarsene, e uno di questi era il nostro bisnonno. E noi, dopo cento anni, siamo tornati in Italia!, ballando il tango argentino.
G.: Il pubblico italiano è molto musicale, divertente, focoso, e anche molto geloso…
E.: Quello che noi abbiamo appreso dal pubblico di Roma, Milano, Napoli é: c’è una differenza tra i diversi pubblici delle varie parti d’Italia, come sapete. Però quando si esibiscono i fratelli Macana quasi non c’è differenza, è lo stesso sia che facciamo il nostro spettacolo all’Opera di Parigi sia in una cantina di Buenos Aires, la gente si relaziona nella stessa maniera. La reazione del pubblico alla fine è un rilassamento che viene naturale, per questa reciprocità che creiamo sempre in ogni esibizione dei fratelli Macana.
G.: Possiamo dire che qui in Italia ci sentiamo come a casa. Tutti gli italiani sono italiani…(a questo punto, Enrique cita la canzone della Carrà: “come è bello andare a un’esibizione da Trieste in giù… Per noi è lo stesso da Trieste in giù!”, n.d.r.).
Siete anche molto eleganti nei movimenti. A che stile vi sentite più vicini?
E.: Tanto tempo fa a Buenos Aires andare da un quartiere all’altro era difficile, ci voleva molto tempo. Allora io non mi posso differenziare se sono in un quartiere o nell’altro. Tanto tempo fa c’era la gente divisa in gruppi a seconda del quartiere. Però io non posso dire di essere di un quartiere specifico: sono nato a Once e adesso sto in Almagro. L’eleganza si può riferire principalmente allo stile Villa Urquiza, però per me l’Eleganza è parte della personalità, fa parte della persona e del rispetto per gli altri.
G.: Basta dire che l’eleganza è dello stile Villa Urquiza, parliamo dell’Once…avanti Once!, vicino ad Abasto, il quartiere di Gardel! Avanti l’Once!!!
Claudia Galati