TRA GIOVANI SCOMPARSI E VOCI “DAL BASSO”

Daniel Melingo
Daniel Melingo

Marzo 2011 ha regalato agli appassionati di tango argentino due appuntamenti teatrali diversi tra loro ma ugualmente incisivi: Fango (29 marzo-3 aprile, Teatro Tordinona) e Daniel Melingo: la Voce (31 marzo, Auditorium Parco della Musica).

FANGO è una piéce che ha poco del tango ma che racconta un periodo dolente di storia argentina che tutt’oggi lascia molti interrogativi senza risposta. La scena si divide tra due protagonisti: un ragazzo (Daniele Zappalà) e una ragazza (Paola Negrin). Ognuno racconta la propria storia, così diversa dall’altra in un primo momento: lei si direbbe una malata di mente, assorta nelle sue divagazioni estranianti, lui un giovane ricco e annoiato in perenne conflitto con il padre. Tuttavia, man mano che i due racconti progrediscono si scopre il filo che accomuna i due personaggi:

la donna è prigioniera dei militari durante la dittatura, l’uomo è il figlio del golpista Eduardo Miarte ormai in “pensione”. In realtà il legame che li unisce è molto più profondo…Con il colpo di scena finale che mozza il fiato, Fango è l’intenso e struggente racconto di una delle tante storie di desaparecidos con tre intermezzi ballati. Una storia forte, la cui messinscena essenziale e priva di colore ha rispecchiato la tematica narrata infondendo nello spettatore un senso di angoscia e di soffocamento. Alla fine dello spettacolo abbiamo rivolto qualche domanda al regista Roberto Belli.
Da cosa ha tratto ispirazione per lo spettacolo e per il titolo?
Mi sono ispirato al bellissimo testo di Francesca Zanni, la quale a sua volta ha preso spunto dal racconto di un italiano che ha vissuto in Argentina. Quando ho letto il testo per la prima volta è stato straziante. Avevo una paura terribile di rovinarlo, perciò ci ho lavorato con più amore possibile. Il titolo invece l’ho preso dalla canzone di Ricky Gianco sul ’68 intitolata appunto “Fango”, e allude a quello che è stato perpetrato ai danni di una generazione, oltre  all’assonanza con la parola “Tango” che era necessaria.
Infatti il tango è piuttosto marginale nello spettacolo…
Il tango non era previsto nel testo originale, ma l’abbiamo inserito nello spettacolo in onore di Maurizio Scozi, un ballerino nostro amico scomparso improvvisamente per malattia lo scorso 18 gennaio. Sono tre le scene in cui Monica Proietto e Wainer Avagliano ballano il tango, che ricalcano le tre fasi della trama: la prima racconta il primo incontro dei genitori di Miguel; la seconda le violenze subite dalla prigioniera; la terza l’incontro madre-figlio che non portà mai avvenire fisicamente ma solo con l’anima.
Qual è, secondo lei, l’essenza dell’opera?
C’è una poesia dentro il testo che va al di là del tema: una storia di desaparecidos raccontata da un punto di vista originale e con un colpo di scena finale. Ad una prima lettura il dramma è di lei, in realtà lo è anche di lui perché a 30 anni scopre che tutta la sua vita è stata falsa. Rinunciare a sapere la propria origine è stata la scelta di molti dopo la dittatura, ci vuole coraggio a fare questa scelta, anche perché si sentivano impotenti a vedere ex militari che giravano liberi per le strade. Paradossalmente, se ne sono andati dall’Argentina più vittime che carnefici, perché non sopportavano di vedere i carnefici liberi.
MELINGO è un personaggio del tutto particolare. È la stravagante e cavernosa voce dei bassifondi di Buenos Aires, interprete di tanghi meno noti e più “vissuti”, meno lustrati e più “sporchi”, e fusi con altri generi musicali. Ben si presta dunque la sua voce bassa e ruvida a rappresentare quel mondo irriverente che popola i barrios della Capital Federal. Cantante veterano, con un passato di eccessi, il concerto di Daniel Melingo non ha deluso le aspettative, proponendo uno spettacolo insolito e proprio per questo tanto più gradito. A cominciare dalla formazione orchestrale originale: sul palco con lui c’erano infatti, oltre ai soliti bandoneón e contrabbasso, chitarra e chitarra elettrica, quest’ultima alternata a strumenti diversi quali mandolino, clarinetto e un altro strumento vibrante, a cui si è aggiunto anche il sassofono suonato in un paio di pezzi da Melingo stesso. Non ci si è annoiati un istante, grazie ad un’esibizione intensa, viscerale e corporale nel vero senso del termine: il cantante non si fermava mai, era in perenne movimento, con quel suo fare scanzonato e irriverente che ha conquistato il pubblico.
Claudia Galati

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